Porto di Trieste e Via della seta, intervento della presidente Mareschi Danieli

Siamo più che favorevoli agli investimenti diretti esteri.

Anzi ringraziamo, Cina o non Cina, chi decide di investire nel nostro Paese nonostante il deficit competitivo che, per farlo, è costretto a subire.

Tuttavia, facciamo un invito alla cautela, ovvero al rispetto delle regole sovranazionali europee.

Ricordiamoci, infatti, che la Cina sta investendo, aggiudicandosene il controllo di maggioranza, in moltissime infrastrutture strategiche europee e non soltanto. Anche quando non riesce ad acquisire la maggioranza, comunque finanzia l’opera tramite l’AIIB (il che, a conti fatti, come ben sappiamo, non è molto diverso). A nessuna impresa europea, invece, è permesso di investire in aziende di stato cinesi. Insomma, manca qualsiasi forma di reciprocità.

Fatta questa premessa e venendo al tema dei potenziali, annunciati investimenti cinesi nel Porto di Trieste, ritengo che non sia chiaro a tutti cosa è il porto di Trieste, cosa rappresenta e perché è così interessante. Togliamoci subito dalla testa l’idea che, se non accetteremo l’intervento della Cina a Trieste, allora l’Italia sarà automaticamente tagliata fuori da una via di commercio internazionale. Le cose non stanno affatto così. Il porto di Trieste, infatti, è un crocevia necessario per la sua collocazione geografica e risulta comunque il più attrattivo dell’intera area mediterranea per i grandi numeri che esprime, le grandi movimentazioni che realizza ed altre peculiarità che ne fanno un caso unico.

Riassumo brevemente perché: Trieste è il primo porto italiano per merce totale movimentata, il primo porto ferroviario italiano per treni movimentati e il primo porto petrolifero del Mediterraneo per il greggio sbarcato. Su aree portuali per circa 2,3 milioni di metri quadrati circa, 1,8 milioni di metri quadrati sono zone franche. Trieste è l’unico porto franco, del suo genere, in Europa!!

Con il decreto del Ministero delle Infrastrutture del 13 luglio 2017 è stato riconosciuto all’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale il ruolo di gestore unico del regime di porto franco di Trieste, quindi dandogli la possibilità di modificare l’area dei punti franchi, di autorizzare attività di manipolazione e/o trasformazione industriale nei punti franchi (che non passi inosservata questa caratteristica!!), di potenziare i collegamenti ferroviari e di vigilare sul rispetto delle regole di utilizzo delle infrastrutture.

Come tale, oltre alle merci che transitano nel porto franco in esenzione dei diritti di confine, questa agevolazione potrà essere concessa anche per le attività di manipolazione industriale delle merci.

Ne deriva che le imprese estere, senza distinzione di nazionalità, nelle aree del porto franco potranno produrre ed esportare dall’UE senza essere soggette ai diritti di confine.

Nel resto d’Europa, le agevolazioni riguardano invece solo il transito delle merci.

Vediamo, nel dettaglio, quali sono le principali agevolazioni del Porto Franco di Trieste:

accesso marittimo paritario, che significa diritto di accesso in condizioni di assoluta parità alle navi di qualsiasi bandiera per il carico e lo scarico delle merci; procedure doganali semplificate in quanto per le merci extra UE non è richiesta la dichiarazione doganale; esenzione da dazi ed Iva per le merci terze introdotte nei punti franchi; nessun limite di tempo allo stoccaggio delle merci nell’area del porto franco; tasse portuali ridotte rispetto agli altri porti nazionali; transito agevolato per gli autocarri in transito per l’Italia attraverso il porto di Trieste e destinati all’estero; diritti di confine (crediti Iva e dazi) agevolati per le merci importate nel mercato UE (dilazione di 6 mesi del pagamento dopo la data dello sdoganamento, ad un tasso pari al 50% dell’Euribor a 6 mesi); possibilità di estensione dei punti franchi ad altre aree della città di Trieste.

Prospettive di sviluppo infrastrutturale futuro, nuovo piano regolatore:

Come prospettive di sviluppo infrastrutturale futuro del Porto, si ricorda che nel 2015 a Trieste si è concluso l’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore portuale, che interviene con varie modifiche, anche significative, del suo assetto. La più importante delle quali è la Piattaforma logistica, che prevede, fra le altre cose, la realizzazione di 140mila metri quadri di nuove banchine e di un terminal ferroviario.

Fermo restando il regime demaniale della banchine, che vengono assegnate (da legge n. 84/94) con concessione a fronte di soggetti che apportino investimenti, traffici ed abbiamo i requisiti previsti dalla norma, la questione è relativa alla sopracitata costruenda piattaforma logistica nell’ambito portuale. Infatti, qualora i costruttori e futuri gestori, titolari della concessione demaniale, decidessero di cedere a terzi le proprie quote, questo consentirebbe l’ingresso di un eventuale socio estero.

Del resto, questa eventualità si è già verificata: ad esempio, la cinese Cosco Shippings Ports detiene una quota del porto di Vado Ligure.

Conclusioni:

Qualunque ingresso estero dovrà necessariamente avvenire nel rispetto reciproco e delle regole nazionali della trasparenza e della concorrenza e - aggiungo - senza dimenticare le alleanze strategiche e le partnership storiche del nostro Paese (USA per fare un esempio).

Se l’investitore apporta valore aggiunto, il suo ingresso è sempre valutato positivamente. Tanto è vero che molti dei soci che oggi sono già presenti nelle compagini societarie titolari di alcuni moli di Trieste sono esteri (turchi, danesi) e nessuno ha mai sollevato pregiudizi di sorta.

Diciamo un convinto sì, dunque, alle nuove opportunità per gli scambi commerciali (di cui il nostro Paese ha tanto bisogno).

Diciamo un no altrettanto deciso alla cessione di asset strategici del Paese. La governance di porti, aeroporti, interporti, linee ferroviarie, eccetera deve rimanere saldamente in mano nazionale.

Per tutti questi motivi, dobbiamo fissare regole precise che tutelino le nostre imprese a livello nazionale e, auspicabilmente, europeo. In questo frangente stiamo facendo il gioco altrui, trattando da singoli, senza l’Unione europea alle spalle. Tutto ciò sta creando competizione all’interno dell’Europa, il che ne disinnesca la sua storica potenza giorno dopo giorno. E’ esattamente quello che vogliono, non credete?

 

Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine