TOP 500 - L'intervento della presidente Anna Mareschi Danieli

Dove va il mondo?

L’enorme trasformazione globale iniziata nei primi Anni Novanta del secolo scorso sta cambiando la fisionomia mondiale in modo sempre più rapido e profondo. Il mondo diventa sempre più complesso, interconnesso, fonte di maggiori sfide e anche meno sicuro.

 

Ecco 5 tendenze a livello mondiale con le quali abbiamo già dovuto cominciare a fare i conti.

1) La popolazione invecchia e aumentano le disparità economiche, il ceto medio si rafforza e al contempo, però, si accentuano le disparità sociali. Secondo lo European Regional Social Scoreboard l’Italia ha il record (sia positivo che negativo) di disparità in materia di numero di persone a rischio povertà misurato a livello regionale, infatti occupiamo il primo posto della classifica europea con Bolzano e l’ultimo con la Sicilia. I lavoratori inoltre sono troppo pochi e allo stesso tempo aumentano le spese per sanità e sistema pensionistico. Così il sistema non può reggere.

2) Il peso economico e il potere politico si spostano verso l’Asia. La Cina è all’avanguardia ANCHE perché si muove in un sistema che non deve fare in conti con tutti i portatori di interesse che girano intorno alle decisioni politiche ed economiche. Sappiamo che gli USA non resteranno a guardare, c’è quindi il rischio fondato che l’Europa rimanga stritolata nello scacchiere mondiale. In un futuro più lontano probabilmente ci saranno anche altri importanti blocchi mondiali (vedi Africa).

3) La rivoluzione tecnologica è pervasiva e incide su quasi tutti gli aspetti della società, MODIFICANDOLA RISPETTO AL PASSATO. La materia prima essenziale sia per la creazione di nuovi prodotti e servizi rivolti al consumatore che per l’ottimizzazione delle strategie aziendali sono i DATI, che oggi possiamo definire come il PETROLIO. Quindi raccolta, sintesi e interpretazione degli stessi è ciò che fa la differenza.

4) L’aumento del consumo energetico e i nuovi modelli di produzione rendono sempre più difficile gestire le scarse risorse. Il consumo aumenta e aumenta la necessità di ridurre il costo delle tariffe e di ridurre l’impatto ambientale.

5) L’ordine mondiale diventa più fragile e imprevedibile. Si passa da una politica di penetrazione dei nuovi paesi che ha creato una forte interdipendenza ad una politica di difesa degli interessi nazionali e questo sta provocando reazioni a catena che, all’estremo, potrebbero tradursi anche in un conflitto (guerra) tra nazioni.

 

Queste tendenze stanno innescando 3 rivoluzioni

1) Una rivoluzione economica e tecnologica: la conversione delle tecnologie e la proliferazione di strumenti disponibili per le masse stanno trasformando le economie e le società, se da un lato offrono enormi opportunità in termini di produttività, aumento del benessere e partecipazione consapevole e attiva, questi stravolgimenti sociali, tuttavia, potrebbero determinare anche un’ulteriore crescita della disoccupazione per una riconversione del lavoro che sta avvenendo in maniera troppo repentina e quindi accentuare le disuguaglianze sociali.

2) Una rivoluzione sociale e democratica: a mano a mano che diventano più partecipi e più connesse, le persone saranno più creative, più dinamiche e meno legate allo stesso lavoro per tutta la vita, ma saranno anche più esigenti e più critiche (indipendentemente dall’attendibilità delle informazioni che è un altro problema da non sottovalutare). Un’evoluzione di questo tipo potrebbe consentire ai paesi di svecchiare radicalmente i “contratti sociali” e di inventare nuove forme di governance ma al tempo stesso, diventerà più difficile elaborare contratti collettivi e definire impostazioni comuni avvalendosi di strutture tradizionali come i partiti politici o i sindacati. La tendenza a contestare l’ordine costituito potrebbe rafforzar­si ulteriormente, così come il ricorso a iniziative meno tradizionali e più locali che trovano consenso e arrivano dal ceto medio basso della popolazione. Saranno sempre più forti le pressioni per la difesa della privacy e per la trasparenza nei vari livelli di governance.

3) Una rivoluzione geopolitica: l’inarrestabile ascesa dell’Asia metterà presto fine ai circa due secoli di predomi­nio mondiale da parte del continente europeo e degli Stati Uniti d’America. Contestualmente all’emergere di altre potenze anche in Africa e in America latina, il mondo diventerà sempre più multipolare. La globalizzazione proseguirà, ma sarà guidata da nuovi attori con valori diversi. Questo potrebbe portare a nuove forme di contrapposizione tra i principali protagonisti sulla scena mondiale. In questo contesto, la guerra commerciale in atto tra Usa e Cina rischia di essere soltanto un antipasto. 

 

MA NOI CI STIAMO PREPARANDO?

                                                                                                                                                                                                                             

Come reagire a queste tendenze e a queste rivoluzioni in atto?

La nostra sfida è una sfida europea. La concorrenza è tra Europa e resto del mondo. OGGI C’E’ TROPPO POCA EUROPA, TROPPO POCA CONSAPEVOLEZZA CHE SENZA L’EUROPA NON ANDIAMO DA NESSUNA PARTE. Chiaro deve però essere che i paesi europei non possono avere lo stesso peso, altrimenti il potere dell’Europa è destinato a disperdersi via via all’aumentare della competizione interna all’Europa stessa.

L’Italia deve modernizzarsi: SERVONO RIFORME. Servono politiche di medio e lungo termine su: natalità, sostegno alla famiglia, gestione dei fenomeni migratori, burocrazia, certezza del diritto, infrastrutture materiali e immateriali, formazione delle nuove generazioni e reskilling degli occupati, innovazione a tutti i livelli ecc… L’ITALIA NON SI MUOVE – Non cresce da 20 anni - E non cambia.

Questi primi due punti sono di diretta responsabilità politica, mentre c’è qualcosa di fondamentale sulla quale anche noi possiamo e dobbiamo intervenire: ovvero la competitività locale/territoriale della nostra regione.

Il FVG, anzi il Pentagono dello sviluppo (come l’ha definito l’ultimo report della Fondazione Nordest ricomprendendo Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige e FVG) considerato appunto che la sfida si gioca sulla competitività dei singoli territori, deve necessariamente muoversi come sistema complessivo (Amministrazione pubblica, imprese e mondo del lavoro, università, ricerca, scuola, ecc…).

 

Vediamo rapidamente Il peso dell’industria della provincia di Udine in FVG: al 31/3/2019, la provincia di Udine vale il 44,6% degli addetti totali in FVG e il 47,9% delle localizzazioni. Nel solo manifatturiero, Udine raggiunge il 41,7% degli addetti e il 48,7% delle localizzazioni.

Sul fronte dell’export CHE CI VEDE PRIMEGGIARE IN ITALIA, nel 2018 Udine ha esportato il 38,7% del totale regionale registrando un +10,3% rispetto al 2017, nella slide vedete anche i numeri a confronto delle altre tre territoriali, Pordenone, Gorizia e Trieste. Nel primo semestre 2019, l’export di Udine pesa per il 44,1% del totale regionale. Mentre la variazione del primo semestre 2019 sul primo semestre 2018: vede Udine con un +7.8%, Pordenone +0.6%, Trieste +2,9%, Gorizia -71,5%. NB: i numeri di Gorizia risentono dell’andamento della cantieristica.

La competitività locale è spinta da una serie di punti di forza del nostro sistema economico e produttivo, ovvero: la più alta propensione all’export in Italia, innovazione (il FVG è stata definita dal Regional Innovation Scoreboard 2019 l’unica regione di italia strong innovator, 12° in Europa come numero di domande di registrazione per la proprietà intellettuale rispetto al PIL regionale), internazionalizzazione, capacità di fare rete (mettendo a fattor comune il know how dei singoli per rendere più efficiente la pdz quindi riuscire a diventare grandi restando piccoli), flessibilità e adattabilità ai diversi mercati, oculata gestione del patrimonio, customizzazione del prodotto e gestione del cliente (siamo molto orientati alla customer satisfaction che deriva appunto dalla nostra flessibilità), senza dimenticare design e know how.

I punti di debolezza del sistema economico e produttivo del FVG, sui quali anche in questo caso possiamo anzi stiamo intervenendo sono i seguenti: le nostre aziende, soprattutto le piccole, scontano ritardi sugli investimenti nel capitale umano, un deficit di attrattività di manager e talenti e più in generale una cultura imprenditoriale che ha puntato più sull’individualismo «eroico» che sull’implementazione dei fattori sistemici del cambiamento e della competitività. Inoltre vi è un disallineamento importante fra domanda e offerta di lavoro. Confindustria Udine sta organizzando attraverso il progetto I reskill you la riqualificazione delle risorse over 45 che non fanno parte della popolazione attiva e si quelle che rischiano di non farne parte a breve. Inoltre attraverso i progetti Spirito di Impresa, Orientattivamente e SAPREMO ci stiamo occupando in primis di diffondere la cultura di impresa in maniera positiva / come motore di sviluppo / come fonte di ispirazione per i giovani, di spiegare ai bambini cosa significa fare una scelta consapevole fornendogli delle informazioni sulle caratteristiche del nostro territorio (a partire dalle classi di 5 elementare fino alle quinte superiore) insieme alle loro famiglie (che risultano essere i primi influenzatori che i giovani hanno accanto) e successivamente di allineare gli ducatori/insegnanti/professori alle realtà lavorativa del nostro territorio, cosa affatto non scontata, in modo che essi stessi si facciano portatori di un messaggio adeguato alle necessità della nostra società. Scarsa cultura finanziaria e INDIVIDUALISMO IMPRENDITORIALE – qui Confindustria supporta i propri imprenditori rispondendo alla loro necessità insoddisfatta di AGGIORNAMENTO FORMATIVO DI ALTO LIVELLO tramite la definizione in collaborazione con l’Università di Udine di un Executive Master in BA che è stato strutturato ad hoc sulle necessità dei frequentanti (molti imprenditori). Basti pensare che ci aspettavamo una ventina di iscritti e oggi siamo a 89, se la regione ci sosterrà speriamo di poter procedere con la definizione anche della 4° classe da 20/ CARENZA INFRASTRUTTURALE /DIGITALIZZAZIONE (siamo al 25° posto in Europa su 28) E PER QUESTO Confindustria Udine non solo ha fondato il DIGITAL INNOVATION HUB con il suo LIVING LAB che fa parte di una rete formata da 22DIH nazionali della piattaforma confindustriale, ma sta anche studiando insieme alla regione e alla CCIAA di Ud e Pn un nuovo modello di business per Friuli Innovazione per riuscire ad avere ricadute sempre maggiori sul nostro territorio in termini di innovazione.

 

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