La presidente Anna Mareschi Danieli illustra e commenta le previsioni economiche per il FVG: “Industria asset fondamentale del Paese. Vaccinazioni subito e riforme strutturali per sostenere la ripresa”

In FVG, dopo la contrazione significativa registrata lo scorso anno, l’impatto della terza ondata dei contagi ha determinato un rallentamento dell’economia anche nel primo trimestre del 2021. Situazione prevedibile, date le settimane di zona arancione e rossa che abbiamo subito. La maggiore diffusione dei vaccini iniziata ad aprile sta contribuendo a risollevare il Pil nel secondo trimestre. Un’accelerazione è prevista nel terzo, quando, ci auguriamo, al recupero già registrato in diversi comparti, si aggiungerà quello nel turismo e nell’intrattenimento, settori ad oggi in estrema crisi. Tali tendenze, secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine su stime Prometeia, concorreranno ad un incremento del Pil pari al +5,2% nel 2021 e al +4,5% nel 2022, maggiore rispetto al dato nazionale (rispettivamente +4,7% e +4,2%)

A fine del 2022, l’economia regionale dovrebbe riuscire a recuperare il profondo gap che si è aperto nel 2020 (-8,9% Pil) A causa della pandemia anche grazie alle risorse europee del programma Next Generation EU (secondo le elaborazioni del Centro Studi Confindustria senza tale aiuto la crescita del Pil sarà inferiore di 1,3 punti percentuali nel biennio 2021/22).

I consumi delle famiglie, dopo l’ampia flessione del 2020 (-11,6%), si prevede possano recuperare in maniera parziale nell’anno in corso, +4,4%. Dopo un primo trimestre meno favorevole rispetto alle attese formulate lo scorso anno, un più marcato miglioramento dovrebbe evidenziarsi nei prossimi mesi, in concomitanza con l’allentamento delle restrizioni alla circolazione e, soprattutto in estate, grazie al contributo delle spese turistiche. Solo l’approssimarsi di una soluzione alla crisi pandemica, i.e. la vaccinazione di massa (l’obiettivo del Governo è di arrivare a coprire l’80?lla popolazione entro settembre), potrà generare quella spinta psicologica che porterà ad un netto miglioramento delle aspettative e, di conseguenza, porterà le famiglie a liberare risparmi forzatamente accantonati nel corso dello scorso anno. La propensione al consumo, pertanto, aumenterà progressivamente pur non recuperando, probabilmente, i livelli precrisi neppure il prossimo anno, quando i consumi sono comunque previsti crescere del +6,1%.  La recessione economica, associata alla crisi sanitaria, sta portando ad alterare le abitudini di spesa, spingendo i consumatori verso una maggiore prudenza. Non tutto il risparmio accumulato verrà quindi speso, anche per le incertezze sulle prospettive occupazionali.

Gli investimenti stanno aumentando secondo un ritmo contenuto in questa prima parte dell’anno, mentre si prevede acquisteranno un forte slancio nella seconda parte recuperando già nel 2021, con un rimbalzo del +12,6%, la perdita registrata nel 2020 (-7,6%). Gli investimenti in costruzioni saranno sostenuti dagli incentivi sulle ristrutturazioni e dagli investimenti pubblici, a patto che si riesca a risolvere la problematica della revisione prezzi sollevata dal decisivo aumento delle materie prime. La risalita della spesa in macchinari sarà altrettanto ampia a seguito del miglioramento del contesto internazionale, che spinge ad una maggiore domanda, e all’aumento del clima di fiducia delle imprese. Attenzione al freno rappresentato dall’elevato indebitamento al quale le aziende sono state costrette a ricorrere per mantenere la liquidità necessaria compromessa dal calo del fatturato. In questo caso è quindi assolutamente necessario un allungamento dei tempi di rimborso dei debiti.

Dopo la caduta subita lo scorso anno, nel 2021 le esportazioni di beni dovrebbero tornare a crescere ad un ritmo del +11,1%, trainate dal recupero del commercio mondiale, recuperando così il calo del 2020. La risalita sarà favorita dalla buona tenuta delle catene globali del valore e dall’irrobustimento della domanda interna nei mercati di destinazione. Tuttavia, la risalita dei prezzi del petrolio e di altre materie prime potrebbero riversarsi sui costi e tempi di produzione delle imprese esportatrici, in realtà stiamo già assistendo a questo fenomeno da alcuni mesi. Attenzione va posta anche all’aumento eccezionale dei costi dei trasporti e alla fragilità dell’impianto logistico globale sottolineata dal blocco del canale di Suez. Nel 2022 per l’export regionale si prevede una decelerazione, ma la dinamica si manterrà comunque vivace (+5,2%).

Con riferimento ai comparti, in termini di valore aggiunto la ripresa sarà trainata, come sempre, dall’industria (+9,4% nel 2021) e successivamente dalle costruzioni (+11,8%). I servizi invece seguiranno una dinamica più lenta (+3,6%).

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, a differenza di quanto avvenuto con la crisi economica 2009-2013, grazie alla discesa in campo del blocco ai licenziamenti, si è registrato nel 2020 un calo della disoccupazione con un tasso che si è portato al 5,6%. Misura effettivamente più che opportuna, dato che, insieme al massiccio ricorso alla cassa integrazione guadagni, la perdita di posti di lavoro è stata scongiurata. La CIG ha registrato quasi 70 milioni di ore, valore mai raggiunto in precedenza, che il Governo ha messo a disposizione in deroga alle regole che definiscono lo strumento ed estendendone l’accesso alla totalità di imprese e a quasi tutte le tipologie di lavoratori dipendenti. Lo strumento è stato più volte prorogato, di pari passo con il prolungamento del blocco dei licenziamenti economici.

Nel 2021 il numero dei disoccupati dovrebbe, temporaneamente, aumentare a causa degli inevitabili processi di ristrutturazione aziendale e ricomposizione settoriale che avranno necessariamente luogo in uscita dalla crisi. Il tasso dovrebbe, pertanto, attestarsi al 7,5% quest’anno.

L’industria era, è e sarà sempre un asset fondamentale dell’Italia che porta un contributo concreto. La ripresa c’è e si regge perlopiù sulla capacità reattiva del comparto industriale. Va però consolidata, mettendo le attività produttive nelle condizioni di reggere questo sforzo, messo alla prova dall’andamento dei mercati internazionali, dal costo delle materie prime e dalla stretta della liquidità disponibile per investire. Per sostenere tale sforzo, serve prima di ogni altra cosa una celere copertura vaccinale della popolazione: dobbiamo raggiungere il mezzo milione di somministrazioni die. Il FVG sta facendo la sua parte in maniera egregia, e uso questo termine a ragion veduta. Ma non basta, vanno messe in campo anche le imprese, se queste possono garantire un’accelerazione significativa della campagna vaccinale. Confindustria FVG ha sottoscritto un protocollo tecnico necessario all’avvio della campagna di immunizzazione dei lavoratori con un duplice obiettivo: raggiungere nel più breve tempo possibile il maggior numero di persone e sgravare il Sistema sanitario, già sottoposto a uno stress operativo estremo. Smettiamola con commenti del tipo “vengono discriminati i non lavoratori” e altre sciocchezze del genere. Se le imprese possono garantire centri di somministrazione da almeno 800 dosi al giorno tutti ne trarrebbero vantaggio e questo ci permetterebbe di poter sperare in riaperture reali e in una estate quasi normale.

Ovviamente non dimentichiamoci mai che la gestione della pandemia deve però andare di pari passo con le politiche economiche e le riforme necessarie a rilanciare l’Italia in una logica di medio termine, sfruttando l’occasione irripetibile offerta dai fondi europei che saranno destinati alla modernizzazione del Paese. Nonostante io riconosca i miglioramenti in ottica di tempi e metodi introdotti dal Governo (dall’ingresso in campo dell’Esercito, al nuovo modo di negoziare con le aziende farmaceutiche, ecc) non nego un po’ di preoccupazione. Vero è che i fondi messi a disposizione da Next Generation EU, sommati a quelli strutturali sia europei che nazionali, sono tanti. Ma non dimentichiamoci che gli stessi, per essere assegnati, hanno bisogno del giudizio di congruità e per essere erogati hanno bisogno dello stato di avanzamento dei lavori. Ecco, è proprio questo il punto. Dove sono le riforme strutturali necessarie a sorpassare quella fisiologica malattia italiana che ci rende incapaci di usare i fondi deliberati? Io credo in questo Governo, si sa.

Esattamente un anno fa, Confindustria Udine lanciò un appello pubblico per Mario Draghi presidente del Consiglio. L’autorevolezza del premier in carica, unita a quel sentiment di unità nazionale e senso di responsabilità che sta rigermogliando all’interno della politica, nelle istituzioni e fra le parti sociali, costituiscono una leva fondamentale per affrontare il futuro. Ora, però, ho bisogno di essere rassicurata.

 

Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine