Nel 2024, gli Stati Uniti si confermano il secondo mercato di riferimento per l’export della provincia di Udine, preceduti solo dalla Germania. Le esportazioni verso gli USA sono cresciute dell’8% rispetto al 2023, passando da 587 a 635 milioni di euro. Il mercato statunitense rappresenta il 9% del totale delle esportazioni provinciali a livello mondiale.
ANALISI SETTORIALE
L’analisi settoriale conferma il ruolo trainante del comparto dei macchinari (CK28), che si conferma il principale motore dell’export udinese verso gli Stati Uniti. Nel 2024 il settore ha registrato una crescita dell’11% rispetto al 2023, raggiungendo un valore esportato pari a 328,4 milioni di euro. Questo rappresenta il 51,7% del totale delle esportazioni verso gli USA e il 20,7% delle esportazioni di macchinari udinesi nel mondo, confermando una fortissima specializzazione verso questo mercato.
SCENARIO COMMERCIALE E CRITICITÀ TARIFFARIE
Attualmente, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono soggette a dazi del 50% su acciaio e alluminio, del 25% sul comparto automobilistico e del 10% su diverse categorie merceologiche. A partire dal 1° agosto 2025, l’aliquota del 10% sarà sostituita da un dazio uniforme del 30% su tutti i prodotti coinvolti.
In assenza di un nuovo accordo commerciale, tale misura – aggravata dalla svalutazione del dollaro del 13% rispetto a gennaio – rischia di compromettere la competitività delle imprese locali, in particolare nei settori ad alta incidenza export come meccanica, arredo e metalmeccanica.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA UDINE, LUGINO POZZO
“Guardando questi dati, risulta chiaro che la maggior parte dei materiali esportati è prodotta su specifiche richieste dei clienti, trattandosi di macchinari e non di beni di consumo. Questo comporta un significativo aumento dei costi per la produzione di impianti e macchinari specializzati negli Stati Uniti, con un conseguente incremento del prezzo dei prodotti americani. Se l'obiettivo del governo statunitense fosse quello di promuovere la produzione interna, dovrebbe favorire gli investimenti in impianti e macchinari dedicati, anziché rendere il processo di reindustrializzazione più complesso e costoso. Detto ciò, ritengo che siamo ancora in una fase di negoziazione e confido che il buon senso prevarrà. Da parte nostra, è fondamentale costruire una grande Europa, ma anche ristabilire un accordo stabile con i Paesi del Patto Atlantico, sia sul piano industriale, sia sul versante militare. In questa era di post-globalizzazione, Stati Uniti ed Europa devono collaborare in modo sinergico per ricostruire le filiere produttive, evitando di rimanere indietro rispetto ai Paesi emergenti, che hanno da tempo avviato un processo di controllo del mercato manifatturiero”.